In questi giorni, per motivi facilmente intuibili, sto incontrando molti Colleghi e spesso mi viene posta la domanda del perché del mio impegno nella Consulta e, conseguentemente, nella iniziativa OrdinaTO. La risposta è molto semplice e la ribadisco “Perché io ci credo!”. Chiaramente non me la posso cavare in questo modo e darò, a chi avrà la pazienza di seguire fino in fondo il ragionamento, la necessaria spiegazione. Innanzi tutto che cosa è la Consulta Permanente degli Ordini e Collegi Professionali della Provincia di Torino, di seguito CUP, di cui io sono il Segretario? Il CUP è una associazione tra 23 Ordini e Collegi Professionali territoriali che, attraverso azioni di coordinamento, pone in essere iniziative e programmi unitari, tesi a valorizzare la figura del professionista nella società. Intenzione nobilissima e fondamentale se vogliamo che la figura del professionista riacquisisca quella autorevolezza che, il mercato e la società civile, hanno pesantemente messo in discussione di questi tempi. Il CUP è articolato nei suoi tre orientamenti che sono il Sanitario, il Giuridico Economico e il Tecnico. Quindi il CUP altro non è che un contenitore, all’interno del quale le professioni intellettuali possono evocare nella collettività il valore della professione e l’utilità della loro attività, declinata nei suoi specifici orientamenti. Non è così automatico per l’uditorio capire qual è questo valore e quindi proviamo a spiegarlo. Le professioni intellettuali fanno riferimento all’Art. 2229 del Codice Civile che riguarda il loro esercizio, per cui è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi. Va evidenziato il valore e l’importanza per la società di questa condizione che comporta per gli Ordini e i Collegi l’accertamento dei requisiti dei professionisti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente. Questa è condizione di garanzia per quanti si avvalgono di professionisti iscritti. E’ bene quindi che la gente sia consapevole dei valori che la legislazione riconosce alle professioni per la tutela dell’interesse pubblico. Ma questo non è compreso dalla gente. La differenza, tra lavoratore autonomo e professionista iscritto ad un Ordine o Collegio, non è percepita. Il primo non è sottoposto a nessun Codice disciplinare, mentre il secondo ha nella deontologia un vincolo che lo obbliga a un comportamento preciso. Lo spirito, che anima la Consulta Permanente degli Ordini e Collegi Professionali della Provincia di Torino, comporta il raggiungimento di obbiettivi consistenti nel conseguire un più efficace coordinamento della presenza istituzionale degli enti rappresentativi delle categorie professionali e porre in essere iniziative e programmi unitari per la salvaguardia e la promozione dei valori di libertà e responsabilità propri delle professioni e per la tutela degli interessi morali, giuridici ed economici comuni alle stesse. Partendo da questo assunto è nata l’iniziativa : “OrdinaTO : Le professioni si raccontano” consistente in quattro momenti di confronto diretto con la cittadinanza, in cui professionisti di diversi Ordini, raccontano il proprio ruolo nella società. Essendo le professioni una parte sociale di riferimento e cittadinanza attiva, hanno la titolarità ad essere valorizzate e consultate nella programmazione dello sviluppo, ma non vedono riconosciuto il loro ruolo. Ogni appuntamento, dedicato a un area di interesse, segue una linea argomentativa che professionisti approfondiscono insieme a personaggi del giornalismo e della cultura, per far conoscere meglio i propri lavori e compiti così importanti per il vivere comune. Le professioni ordinistiche regolamentate sono quindi soggetti che disciplinano competenze, formazione, deontologia e giustizia professionale. In questa ottica hanno esigenza di raccontarsi e di ascoltarsi, per gestire il cambiamento che sta attraversando la società in cui operano. Il prendersi cura della società sta diventando atteggiamento condiviso dalle professioni, in quanto l’amore per la propria professione è declinato come chiave di vita e teoria dell’attaccamento alla funzione chiave nella società. Questa nobile attività è comunque lavoro e il lavoro deve essere retribuito. Accettare unicamente le regole del mercato può compromettere il sistema ordinistico. L’ossessione della libera concorrenza, applicata alla professione intellettuale, è stata devastante. L’abolizione delle tariffe, per le prestazioni svolte da professionisti, non è soddisfare il principio della concorrenza. L’idea che più professionisti competano sul medesimo mercato, per fornire i servizi migliori al prezzo più basso, si è scontrata con il progressivo ridursi della qualità del servizio. Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più Collega, ma antagonista di ciascun altro professionista, da cui si deve guardare. Questo soggettivismo crea una concorrenza che tira sempre di più al basso. Nel dibattito all’interno del CUP si sostiene che è arrivato il momento di dare un limite, e quindi una soglia, al ribasso. Deve essere ricreata una soglia di ribasso oltre la quale non si può scendere. La Costituzione Italiana all’art. 36 recita “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Come stabilire la retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro del professionista, se non esiste un parametro di riferimento. Il lavoratore dipendente ha una retribuzione determinata, normalmente, dai Contratti Collettivi ai quali il datore di lavoro deve attenersi. Analogamente il meccanismo di regolazione per il professionista dovrebbe essere una soglia sotto cui il valore della prestazione non può scendere. Risulta a questo punto chiaro per tutti perché è necessario che le professioni all’interno del contenitore CUP facciano sinergia per trasferire questa informazione alla gente. Deve essere chiaro che i professionisti sono portatori di valori, non di interessi, e di competenze di tipo culturale. Si assoggettano a Codici Deontologici che li gravano di regole ulteriori a quelle dello Stato. Sono in costante rapporto con le pubbliche amministrazioni e, a fronte di regole chiare e condivise, potrebbero applicare il principio di sussidiarietà, contribuendo alla generale semplificazione delle procedure pubbliche. Per i professionisti è ben chiaro che semplificazione non è sinonimo di banalizzazione. Oggi siamo nell’era della conoscenza, l’ennesimo epocale passaggio nell’evoluzione dell’uomo e della società, che ha comportato una nuova ristrutturazione sociale e del modo di vivere degli uomini stessi. Il valore dei beni e dei servizi, che vengono scambiati, non è più determinato né dal costo della materia prima, né dal costo del lavoro fisico effettuato dall’uomo, bensì dal contenuto di conoscenza che il bene o il servizio contiene. Il mondo dell’informazione ha trasportato la produzione in zone del pianeta che ci sono aliene e a noi sono rimasti la produzione di conoscenza e la diffusione di informazione come fattori primari della crescita economica e sociale. La Costituzione Italiana tutela il lavoro e le persone. Il lavoro è considerato valore fondativo della Repubblica, nonché status attraverso il quale si realizza la partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il fatto è che la tutela del lavoro è ancora concentrata sul lavoro dipendente e non tiene conto che il sistema paese si è articolato su 5’000’000 di imprese molecolari disseminate sul territorio. Queste imprese sono chiamate ad operare nella complessità e non hanno una struttura autonoma adeguata e, per questo, trovano nelle professioni il contributo intellettuale necessario alla loro sopravvivenza e al loro sviluppo. I professionisti quindi devono avere la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile non lasciandosi condizionare dalle proprie impulsive remore psicologiche e dalle circostanze ambientali esterne. Al CUP fanno riferimento 41’000 operatori. Aderire alla professione intellettuale ha comportato, per chi la intraprende, anni di difficile studio, il superamento di un esame di stato, l’iscrizione ad un Ordine o a un Collegio Professionale, l’obbligo di sottoporsi ad una etica ed a una deontologia specifica, la formazione continua, l’aggiornamento professionale certificato, l’obbligo della pattuizione preventivo del compenso e l’obbligo di una polizza assicurativa. La collettività ha investito per formare questi professionisti, infatti per i contribuenti il costo (di base) di produzione di un laureato in Italia è di centinaia di migliaia di euro. La formazione ha fatto di loro attori della classe dirigente e il CUP è il luogo dove questo aspetto particolare, proprio e caratteristico, può essere spiegato alla gente. Quanto ho scritto è nato da un dibattito, continuo e serrato, in particolare, con il dott. Bruno Sparagna e il dott. Davide Barberis.