Ho piacere di comunicare agli amici alcune suggestioni che nascono dall’incontro promosso dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti per contro della Rete Nazionale delle Fondazioni Architetti, organizzato dal suo Presidente arch. Giorgio Giani, con l’onorevole Cesare Damiano dopo la sua posizione sul ritorno delle tariffe. La sua dichiarazione di essere favorevole al ritorno delle tariffe per le prestazioni svolte dai liberi professionisti, durante le audizioni di gennaio sul Disegno di Legge sul Lavoro Autonomo e Agile, porta a riconsiderare il sistema del riconoscimento economico del libero lavoro intellettuale. Cesare Damiano si è dichiarato onestamente uomo di parte, antiliberista e keynesiano, ma di libero pensiero. Così facendo ha dimostrato come anche i politici possono essere diversi e onesti intellettualmente cambiando idea. Il riconsiderare il suo punto di vista sulle tariffe e ammettere che la loro soppressione è stata un danno per la collettività è un gesto coraggioso. Il Presidente della Commissione Lavoro della Camera ha fatto un’analisi storica interessante. Tutto è cambiato nel 1989. Fino ad allora le cose sembravano chiare. il mondo era diviso in due: gli Stati Uniti e i suoi alleati da un lato, il blocco comunista dall’altro. Ma il 1989 ha cambiato i termini della questione. In pochi mesi, sono state disegnate nuove carte geografiche e stabiliti nuovi confini mentali. Il vecchio mondo scompariva. Il liberismo è trionfato e ha incrementato la libera iniziativa e il libero mercato. Ma questo ha creato un capitalismo malato, privo di regole che rischia di minare i fondamenti della civiltà occidentale. I principi filosofici del mondo greco, romano, cristiano e illuministico rischiano di essere sovvertiti. Accettare unicamente le regole del mercato può compromettere il sistema. L’ossessione della libera concorrenza e l’idea che l’intelligenza artificiale possa sostituire il lavoro intellettuale sta mutando ulteriormente il contesto lavorativo. L’abolizione delle tariffe per le prestazioni svolte da professionisti non è soddisfare il principio della concorrenza. L’idea che più professionisti competano sul medesimo mercato per fornire i servizi migliori al prezzo più basso si è scontrata con il progressivo ridursi della qualità del servizio. Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più Collega, ma antagonista di ciascun altro professionista, da cui si deve guardare. Questo soggettivismo ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una situazione in cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. La società liquida crea una concorrenza che tira sempre di più al basso. E’ arrivato il momento di dare un limite e quindi una soglia al ribasso. Questa soglia devono essere i parametri o le tariffe. Deve essere ricreata una soglia di ribasso oltre la quale non si può scendere. La Costituzione Italiana all’art. 36 recita “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Come stabilire la retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro del professionista se non esiste un parametro di riferimento. Il lavoratore dipendente ha una retribuzione determinata, normalmente, dai Contratti Collettivi ai quali il datore di lavoro deve attenersi. Analogamente il meccanismo di regolazione per il professionista dovrebbe essere una soglia sotto cui il valore della prestazione non può scendere. Da questo punto di vista, per i professionisti, l’abolizione delle tariffe ha assunto la fisionomia della abrogazione di un contratto di lavoro. In un mondo dove le funzioni ed il valore della progettazione sono sottovalutati, il decadimento della professione è strettamente connesso alla scarsa attenzione che viene dedicata nel nostro paese al progetto, che viene ridotto ad un obbligo di mera esigenza di burocrazia autorizzativa. Il buon progetto e i suoi riflessi, non riguardano solo il Committente, ma tutta la società, l’ambiente, il territorio e l’igiene e la sicurezza di chi esegue il lavoro. Il valore sociale dell’operato del professionista non può essere affidato solo al minore costo di una prestazione, perché il suo reale valore coinvolge tutti.