Il secondo giorno ha portato a diversi interessanti contributi. Senza togliere niente a nessuno dei relatori, che sempre sono risultati preparati ed appassionati, alcuni di questi hanno maggiormente saputo toccare le corde sensibili della categoria e per questo ho piacere di ricordarli. Questi sono appunti sparsi e disordinati e chi è stato dimenticato non me ne abbia.
Carlo Ratti, architetto, MIT Senseable City Lab Carlo Ratti Associati. Sul tema della Smart City ha presentato, con stile alla Steve Jobs il risultato di un gruppo di lavoro e la sua applicabilità e applicazione nel Comune di Copenaghen, tesa alla ricerca di soluzioni per migliorare la sostenibilità ambientale. La Copenhagen Wheel è la ruota che rende smart qualsiasi bicicletta. Si tratta sostanzialmente di un disco ad alto contenuto tecnologico da applicare alla ruota di una comune bicicletta per renderla a pedalata assistita e smart. Il congegno è infatti in grado di immagazzinare l’energia sviluppata durante la pedalata o la frenata del ciclista, per poi riutilizzarla quando la bici ha bisogno di un’accelerazione maggiore affrontando le salite. La ruota contiene anche un chip bluetooh per le comunicazioni, e sensori ambientali che consentono al ciclista un collegamento con il proprio smartphone per avere informazioni sull’inquinamento, sul traffico o sui percorsi. Il progetto è molto interessante e per chi si occupa di città intelligente va approfondito, ma l’aspetto che più mi ha colpito è il dibattito che è nato nella sala tra il concetto di lavoro individuale e il concetto di lavoro di gruppo. I Colleghi con i capelli bianchi applaudivano chi sosteneva che il lavoro professionale fa capo ad un solo soggetto che pensa e dirige, mentre i giovani si spellavano le mani applaudendo chi spiegava il valore della sinergia tra tanti autori. Distanza tra generazioni, ma anche tanto entusiasmo tra Colleghi con storie di vita diverse. In questo mondo di informatica diffusa, dove le reti svolgono funzione importantissima per la professione, tutto deve tendere alla semplificazione ed alla bellezza. Infrastrutture complesse a larga scala diventano fonti infinite di dati: consumo energetico, rifiuti, mobilità, assistenza sanitaria, istruzione. Tecnologie, reti di sensori, banche dati aperte e accessi informativi diffusi. Le città e gli oggetti diventano consapevoli e intelligenti i cittadini diventano “smart citizens”, protagonisti del processo di raccolta e di condivisione dei dati.
Maria Chiara Carrozza, professore universitario di bioingegneria industriale già ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel governo Letta. Lo Stato deve ripensare la formazione e introdurre . La città può essere smart solo se migliora la qualità della vita e quindi l’innovazione ha senso solo se raggiunge un obbiettivo di miglioramento. Un meccanismo complesso e non comprensibile non può essere bello. Per fare una città smart anche la pubblica amministrazione deve essere intelligente, non solo i cittadini. Fino a questo punto si poteva anche convenire, poi la frase che ha scatenato la mia pubblica riprovazione “ Si fa il lavoro che si trova. Chi si laurea in ingegneria non deve pensare di trovare qualcuno che gli dia un lavoro, ma deve essere lui che deve dare un lavoro a qualcun altro”. Ho pensato ai giovani Colleghi che mandano i curricula nel mio studio, ai colloqui quando faccio selezione o ai racconti di quanti partecipano agli esami di stato. Questi ragazzi già provati dal duro percorso universitario devono essere anche imprenditori di sé stessi. Ma chi glielo insegna? chi al Politecnico gli spiega l’organizzazione dello studio, la funzione delle relazioni personali, la creazione della struttura, il processo di crescita e aggiornamento della competenza, il marketing e la promozione della propria attività. Ero basito e, chi mi conosce lo può immaginare, anche molto, molto irritato.
Maurizio Tira ingegnere, professore ordinario di tecnica e pianificazione urbanistica presso l’Università degli Studi di Brescia e Presidente del CeNSU, Centro nazionale Studi Urbanistici. Alcune considerazioni interessanti sulla complessità dello spazio urbano. La città è complessa perché è fatta da tanti soggetti diversi. Questi utenti devono essere consapevolmente smart, dotati di senso civico dello spazio pubblico. La norma sul consumo del suolo devono essere superate dalla “vision”.
Silvano Tagliagambe, filosofo. Un interessante riflessione sulla semplicità e la complessità. Semplice è piegare il foglio una volta sola, complesso è fare molte pieghe su un foglio. La complessità di un origami non è riducibile. Poi la citazione di Leonardo da Vinci : “Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze, imperò che l’arco negli edifizi è composto di due parti di circulo, i quali quarti circoli ciascuno debolissimo per se desidera cadere, e opponendosi alla ruina dell’altro le due debolezze si convertono in unica fortezza”. La posizione di debolezza si può trasformare in fortezza, finalmente una parola di speranza.
Umberto Galimberti, filosofo, Università Ca’ Foscari Venezia. Considerazioni sulla crescita e ipotesi che si stia riequilibrando con la decrescita lo stato delle varie parti del mondo. La crescita per gli occidentali non è possibile e da questa crisi non si esce. Dobbiamo rivedere il superfluo e dobbiamo diventare più sobri. In merito all’ambiente ricorda che per i filosofi greci l’uomo non può prevaricare la natura, mentre noi influenzati dalla cultura giudaico cristiana tendiamo a privilegiare l’utilizzabilità della natura. Il capitalismo ha soppresso il comunismo ed ora divora sé stesso.
Pier Camillo Davigo, Consigliere Corte Suprema di Cassazione, parla della legalità e della devianza di massa della classe dirigente italiana dove la corruzione non è individuale ma collettiva. La criminalità dei colletti bianchi danneggia migliaia di risparmiatori e polverizza risparmi e patrimoni. Ha ricordato un suo conoscente che riteneva un covo della malavita un comune dell’hinterland milanese dove i pregiudicati erano lo 0,8% e ha reso noto che la percentuale di pregiudicati a Montecitorio è del 10%.
Emanuele Ferragina, Oxford University. La città intelligente (Smart City) deve partire dalle periferie dove ci sono le riserve per la crescita. L’innovazione fiorisce dove chi ha una nuova idea la può mettere in pratica. Deve esserci una maggiore capacità di ridistribuzione e bisogna superare lo scontro tra interessi sociali contrapposti tra appartenenti a generazioni lavorative diverse.